CALABRIA E CINEMA: UNO SCENOGRAFICO TERRITORIO ACCOGLIE STORIE E RACCONTI
marzo 2, 2022Le meravigliose distese azzurre sulle coste del Tirreno e dello Ionio, i paesaggi mozzafiato della Sila, i frammenti di Storia come i celebri Bronzi di Riace. La Calabria è senza dubbio una regione da scoprire costantemente. Una terra preziosa tra il mare e la montagna, ricca di emozionanti leggende ,legate alla tradizione, che avvolgono la bellezza delle risorse naturali in un affascinante mistero. Soprattutto negli ultimi anni il territorio ,parzialmente abitato in origine dal popolo dei Bruzi, ha accolto numerose pellicole cinematografiche, sia per parlare di temi strettamente legati alla Calabria, sia per sfruttare i favolosi luoghi della regione. Citiamo soprattutto Anime Nere, A Ciambra e Padrenostro, tre film pluripremiati e che indubbiamente meritano di essere analizzati più a fondo in questa disamina sulle produzioni cinematografiche girate in Calabria. Tre film che affrontano tematiche dure e violente in modo deciso, rievocando un po’ la natura selvaggia di questa terra.
ANIME NERE: LA TRAGEDIA CALABRA NELLE PITTORESCHE MURA DI AFRICO
Tratto dal romanzo di Gioacchino Criaco, il film del 2014 diretto da Francesco Munzi è ambientato nella zona della Locride, in provincia di Reggio Calabria. Anime Nere ha ricevuto ben 9 David di Donatello nel 2015, con altri numerosi riconoscimenti. I paesaggi montani dominano le scene del film, con le suggestive riprese nei pressi del comune di Africo e soprattutto nella frazione di Casalnuovo, le cui mura, quasi isolate dal resto del mondo, sono state ricostruite su una rupe a 737 metri sul livello del mare.
I protagonisti sono i fratelli Carbone, una delle famiglie più influenti del territorio per quanto riguarda la criminalità organizzata. Luigi e Rocco sono coinvolti nei loschi affari della ‘ndrangheta e vivono entrambi a Milano, mentre il primogenito Luciano si dedica alla vita nelle campagne nella zona di Africo.
Le tensioni ruotano attorno al figlio di Luciano che, desideroso di avvicinarsi alla “vita dei grandi”, prova ad inserirsi pienamente nel business mafioso dei familiari. Il padre di Leo è fortemente contrario ed è preoccupato per la deriva che sta prendendo il suo ragazzo. Rocco è indubbiamente l’equilibratore della famiglia, pronto a ricomporre qualsiasi rottura nelle relazioni e anche a rimediare agli errori commessi dal fratello Luigi, decisamente più impulsivo e ruvido nel comportamento. Quest’ultimo preme per agire con forza contro le intimidazioni della famiglia Barreca, furente per l’atto di vandalismo ,nei pressi di un loro locale, compiuto da Leo Carbone.
La morte di Luigi segna però uno stravolgimento nella storia. Nella strada isolata l’uomo attraversa le vie del paesino calabrese, con la luce che si fa sempre più cupa e fredda. Il rumore delle finestre chiuse dagli abitanti del posto e il sottofondo della radio nella macchina di Luigi. Suoni che rompono il silenzio serale nel quale Luigi viene crivellato nella propria autovettura. Rocco lascia Milano, dove vive con la moglie, e torna in Calabria per i funerali del fratello e per gestire la complicata situazione dopo l’episodio. L’inesperienza del giovane Leo porta il ragazzo a cercare vendetta personale contro il capo dei Barreca Don Nino, ma viene tradito da un suo amico e muore in un’imboscata. Una tragedia che termina con la reazione disperata di Luciano, interpretato da uno strepitoso Fabrizio Ferracane.. L’uomo brucia gli affetti di famiglia e uccide il fratello Rocco, tentando di cancellare dalla propria testa tutto il male che gli aveva procurato la ‘ndrangheta. Il dolore per la perdita di un figlio, che aveva cercato di tenere in tutti i modi lontano dai pericoli, non verrà mai risanato.
A CIAMBRA: IL SUPERLATIVO DOCU-FILM SULLE COMUNITA’ ROM DI GIOIA TAURO
Per il secondo film rimaniamo nella provincia di Reggio Calabria, ma ci spostiamo nella località marittima di Gioia Tauro. Qui ha sede un importante porto, che ha la funzione di collegare le reti internazionali e regionali che attraversano il Mediterraneo. Il film A Ciambra del regista italiano con cittadinanza statunitense Jonas Carpignano, è una ricostruzione cruda e intenzionalmente caotica della vita nelle comunità rom del territorio. Tra i produttori dell’opera cinematografica risalta il nome di Martin Scorsese e tra i riconoscimenti citiamo quello conquistato al Festival di Cannes del 2017 “Premio Europa Cinema Label”.
Il protagonista è il piccolo Pio, un ragazzino cresciuto nella comunità rom e con tanta fretta di diventare adulto. Gli occhi dei familiari nei suoi confronti sono colmi di preoccupazione, vista l’abitudine di Pio a mettersi nei guai e a prendere parte ai pericolosi affari dei parenti più grandi. Ci viene presentata molto bene la situazione di totale anarchia nel quartiere calabrese, con il volume alto della musica di sottofondo che contribuisce a creare quella sensazione di caos. Il dialetto calabrese parlato dai protagonisti è un altro elemento caratterizzante del territorio, soprattutto nelle scene riguardanti la vita quotidiana in famiglia. Pio è ben inserito nei contesti sociali del quartiere, che lo portano a stringere amicizia anche con le comunità africane.
Lo sguardo di Pio è interessante perché descrive perfettamente le sensazioni di questo ragazzino che vorrebbe essere trattato come un adulto. Un volto concentrato e molto serio, che da un lato evidenzia un’espressione autoimposta per mostrarsi coraggioso e dall’altro fa emergere le comprensibili paure per un bambino in un ambiente difficile e pericoloso. Nella scena finale tradisce l’amico marocchino, col quale si era creato quasi un rapporto paterno, per aiutare il fratello a svaligiare l’abitazione dell’africano. Le lacrime di Pio , abbracciato dal suo amico, rappresentano la parte più fragile del ragazzino, che si sente in colpa per aver agito alle spalle di una persona profondamente legata a lui. Il fratello Cosimo però lo premia per aver eseguito correttamente i suoi ordini e lo accoglie nella cerchia degli adulti della famiglia. Gli sguardi rivolti verso Pio sono adesso diversi. I parenti vedono un uomo maturo, destinato a vivere nei pericoli della criminalità di Gioia Tauro. Com’è evidente in molte altre parti del film, anche nell’immagine finale ci viene proposta un’angolazione di ripresa da dietro le spalle del protagonista, che si incammina verso la conclusione del proprio percorso di crescita.
PADRENOSTRO: LA SILA COME FONTE DI SERENITA’ NELLA STORIA DI UN UOMO PERSEGUITATO DAI TERRORISTI
Uno straordinario Pierfrancesco Favino interpreta in questo film il padre del regista Claudio Noce (il cognome nella pellicola è Le Rose n.d.r). L’opera cinematografica del 2020 è ambientata nel 1976 e nel terribile periodo degli “Anni di piombo”. Claudio Noce ha raccontato in questo film le vicende relative al padre e vicequestore Alfonso, ucciso nel dicembre del 1976 dai Nuclei Armati Proletari, organizzazione terroristica di estrema sinistra.
Il punto di vista costante durante la pellicola è quello di Valerio Le Rose, figlio di Alfonso Le Rose, personaggio che rappresenta il padre del regista. Negli anni della propria infanzia, il protagonista sta iniziando a prendere coscienza della situazione di grande pericolo in cui vive il padre. La routine quotidiana ,proposta all’inizio della storia, viene rotta dal tentato omicidio di Alfonso da parte degli estremisti di sinistra. Il piccolo Valerio incrocia nella circostanza lo sguardo di uno dei terroristi, morente sull’asfalto. E’ un episodio che colpisce fortemente il protagonista, sempre più impaurito dalla figura misteriosa del padre. Le espressioni di Alfonso chiariscono perfettamente lo stato d’animo del vicequestore. Si mostra tranquillo e sereno davanti alla moglie e al figlio, ma i suoi occhi si riempiono di terrore ogni volta che distoglie lo sguardo dalla propria famiglia.
In questa prima parte del film Valerio conosce un simpatico ragazzino di nome Christian. E’ particolare la funzione di quest’ultimo nel film, perché inizialmente lo spettatore è portato a non comprendere se si tratti o no di un amico immaginario del protagonista. Emblematica la scena in cui Valerio porta l’amico sotto la propria abitazione e disegna sull’asfalto la scena del tentato omicidio del padre. Valerio, insieme al resto della famiglia, è particolarmente provato dalla costante tensione. Perciò Alfonso decide di lasciare Roma e trascorrere le prime settimane estive in Calabria, terra d’origine del vicequestore. I boschi della Sila, le coste di Roccella e di Marina di Gioiosa. Sono alcuni degli splendidi territori dove sono ambientate le scene della seconda parte del film. Qui Alfonso cerca pace, serenità, ma le telefonate da Roma aumentano la sua preoccupazione soprattutto per la propria famiglia.
Valerio ritrova in Calabria anche l’amico Christian, con cui si crea un rapporto di amore fraterno. I due perlustrano i misteriosi luoghi del territorio calabrese e Valerio ritrova la serenità e la gioia nei dialoghi con Christian. Quest’ultimo viene introdotto nella famiglia di Alfonso e di conseguenza svanisce il dubbio che possa essere una persona frutto dell’immaginazione di Valerio. Lo sguardo di Christian si fa però sempre più cupo davanti ai parenti, specialmente davanti al padre dell’amico. In un’escursione in barca inizia un dialogo strano e quasi surreale con Alfonso, al quale chiede come ci sente a essere sparati e se ha mai ucciso qualcuno. I dubbi sul ragazzo vengono a galla nella scena finale, in cui si scopre che Christian è il figlio del terrorista che Valerio aveva visto morire il giorno del tentato omicidio del padre. Episodio che rompe il sottile velo di incertezza e confusione che era presente nelle scene precedenti. Valerio e Christian si rincontrano poi da adulti nella stazione di Roma, un’immagine che riporta alla primissima scena del film.
Tra i film girati in Calabria, da citare anche il “Il Brigante”, ambientato nel crotonese, e il più recente “Freaks Out”, in cui la stazione di Camigliatello Silano è stata utilizzata in alcune scene per la somiglianza con quella di Roma Tiburtina degli anni ’50. E’ recente inoltre la notizia riguardante il nuovo film di Moni Ovadia “La terra senza”, che verrà girato nel centro storico di Catanzaro. Tutte opere cinematografiche che ,oltre a portare storie interessanti agli occhi del pubblico, valorizzano l’enorme serbatoio di risorse naturali del territorio calabrese. Paesaggi, storia e tradizione.
Pietro Amendola
2) Anime Nere. Immagine della zona dell’Aspromonte (da Wikimedia Commons)